di Stefano Ardito*
Una
regione di montagne, governata con i piedi piantati sulla spiaggia,
tenendo d’occhio soltanto la politica e le città. Amo e frequento
l’Abruzzo da una vita, dedico alle sue montagne e alle loro storie una
parte importante del mio lavoro e della mia vita.
Scrivo mentre, da una settimana, centinaia di amici abruzzesi (ma
anche marchigiani, e di Amatrice e dintorni) vivono senza luce elettrica
e scavano per disseppellire le loro case. Qualcuno, che fa il
contadino, vede morire il suo bestiame e non è in grado di far nulla,
tranne postare delle foto terribili su Facebook.
Scrivo mentre da più di un giorno, dalla
neve ghiacciata di Rigopiano, non vengono estratte delle vittime vive.
La mia angoscia e le mie preghiere sono uguali a quelli di milioni di
altri. Conosco alcuni degli uomini e delle donne del Soccorso che
operano lassù dalla prima notte, molti sono stati in prima linea anche
ad Amatrice e a Norcia, nei mesi scorsi. Straordinari, fantastici,
tutti.
Ci sono delle inchieste in corso, e se qualcuno alla Prefettura di
Pescara ha ignorato le voci che chiedevano aiuto attraverso i cellulari o
le mail è giusto che venga punito. Se un sindaco ha firmato il permesso
di costruire o di ampliare un albergo allo sbocco del canalone del
Monte Siella, uno dei più pericolosi del Gran Sasso, è giusto che cambi
mestiere. Ma c’è la magistratura, per questo.
Gli errori dei funzionari e dei sindaci, però, fanno parte di un
sistema di ignoranza più diffuso, che parte dalla politica e investe il
mondo dell’informazione, che è anche il mio. Nei giorni scorsi un
caporedattore mi ha chiesto “ma perché, ci sono le valanghe in
Abruzzo?”. Pochi minuti fa, a una radio nazionale, ho sentito descrivere
Rigopiano come “il tetto del Gran Sasso”. Invece Rigopiano non è il
tetto, sta molto più in basso, collega. E sui tetti le valanghe non
cadono.
Invece le valanghe in Appennino ci sono, e possono diventare
terribili. Negli anni Trenta, sui Sibillini, quelle del Monte Vettore
hanno distrutto numerose frazioni, di alcune ci sono ancora le macerie.
Quest’anno “per fortuna” il terremoto ha svuotato i paesi, e lì non si
dovrebbe rischiare.
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