Quando, dopo ore di cammino, il viandante tirò su il cucchiaio dalla zuppa, quello che pareva un broccoletto cotto a puntino si palesò per una falange fumante tra le cipolle e i pomodori. Inorridito, il poveretto se la diede a gambe e con lui gli avventori in viaggio lungo la Via degli Dei, pellegrini, soldati, carrettieri, carbonai, seduti ai tavoli di quella che da lì a poco sarebbe diventata l’Osteria bruciata. Anche se eravamo in pieno medioevo, poteva durare una locanda dove l’oste, quando si trovava a corto di viveri, uccideva i clienti servendoli come spezzatino? No! E infatti l’osteria fu bruciata. Non siamo lontani dal passo della Futa, tra Firenze e Bologna, sul crinale che divide le valli del Santerno e della Sieve. È in questo crocevia sugli Appennini, percorso nell’antichità da Etruschi, Liguri, Galli, che – secondo la leggenda – ribollivano i pentoloni della malfamata locanda. Data alle fiamme in data immemorabile, non ne resta più nulla. Solo il passo omonimo ne evoca il ricordo.
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