mercoledì 31 gennaio 2018

Hua Shan: il sentiero più pericoloso al mondo

Di solito non associamo il meraviglioso tè cinese a sensazioni di adrenalina o paura della morte. A meno che non stiamo pensando al tè che potremmo bere su una delle vetta del monte Hua Shan. Questo monte è infatti caratterizzato da una rete di sentieri estremamente ripidi e pericolosi che uniscono tra loro cinque cime sacre, ciascuna delle quali ospita una casa del tè sospesa nel vuoto.


Ognuno di questi punti rappresenta il petalo di un fiore (da cui il nome Huashan, Fiore di montagna). Ma per scalare queste vette è necessaria molta costanza e coraggio. Parti del percorso sono composte da assi di legno ancorate a pareti verticali, altre da momenti di arrampicata, altre ancora sono scalinate scavate nella roccia.

Il Monte Hua Shan è uno dei cinque Monti Sacri della Cina e, per secoli, è stato il rifugio di eremiti e monaci buddisti. La leggenda narra che Lao Tze, il fondatore del Taoismo, pronunciò uno dei suoi sermoni su questa montagna. Da allora sono sorti diversi templi taoisti, visitati da migliaia di persone ogni anno, nonostante l'impraticabilità del percorso che porta verso la cima.
La parte più pericolosa del percorso è considerata la Changong Zhandao, una trave lunga circa quattro metri e larga 30 centimetri che attraversa un abisso verticale.

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Domenica 11 febbraio: Genova - Bogliasco

Lunghezza dell’itinerario: km 13 circa
Dislivello: 100 m circa




Una camminata litoranea a tratti sulla spiaggia, lungo un percorso a riva del mare del levante Genovese.
Il primo incontro del percorso sarà il borgo marinaro di Boccadasse, si prosegue atteaverso Creuza ad Albaro e poi verso Quarto ci soffermeremo al suggestivo monumento dedicato alla spedizione garibaldina. Più avanti proseguendo sul marciapiede e superando le frazioni litoranee arriveremo a Quinto incastonata tra mare e cielo, poi al fascino del porticciolo di Nervi a seguire la famosa passeggiata Anita Garibaldi, la percorreremo fino in fondo per poi risalire godendoci di un suggestivo sguardo a ponente... da scoprire...
Il nostro cammino proseguirà sulla litoranea fino alla splendida Bogliasco dove ci soffermeremo sulla spiaggia per la sosta pranzo ed un meritato riposo psico fisico!!
per il ritorno troveremo il pullman attenderci in prossimità della stazione di Bogliasco.

Ritrovo a Tortona (AL) Stazione F.S. ore 7,45
Difficoltà: T/E

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lunedì 29 gennaio 2018

Sul Nanga Parbat una via che si chiama Mackiewicz-Revol


In questi giorni si è scritta una pagina importante dell’alpinismo himalayano. Una storia tragica. Un soccorso titanico. Di uomini senza eguali. Siamo stati in trepidazione, tutti noi, per le sorti degli alpinisti. Abbiamo gioito quando Elisabeth Revol è finalmente salita sull’elicottero per essere condotta a Islamabad e quindi in ospedale. Abbiam tirato, tutti, un sospiro di sollievo: Elisabeth è salva.

Ma un nodo alla gola spezza la gioia: lassù a 7.200 metri, forse morto, forse ancora in agonia, c’è Tomek Mackiewicz. Un duro pure lui. Nel fisico, nella testa. Ma per lui non c’è stato nulla da fare. Il meteo ci si è messo contro. Quei salvatori non potevano proprio farcela a salire a quella quota e poi c’era da portare al campo base la Revol. Una decisione obbligata.

Tomek resterà lì, almeno per il momento. Lì dove l’ha salutato Elisabeth. Resterà sulla sua montagna, dopo esserci salito finalmente. Se n’è andato con questo pensiero, forse. Essere salito in cima agli 8.126 metri al settimo tentativo. Se n’è andato pensando alla moglie, ai suoi tre figli. Alle tante vette raggiunte, ai tanti giorni trascorsi su quella montagna. Dopo l’evacuazione di Revol, nella tarda mattinata si è tentato un disperato salvataggio. O meglio: cercare di allertarlo. Facendo partire un elicottero che visionasse lì a quella quota. È stato risposto di no, troppo pericoloso con quel meteo in arrivo, e i velivoli non superano i 6.000 metri. Ma Tomek ormai aveva il destino segnato. Perdere la vista, significa che sei messo male. Forse troppo rischio per nulla? La macchina dei soccorsi, comunque, pare, sia stata organizzata e si sia mossa per salvare Revol. Se il meteo reggeva anche oggi, chissà…

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domenica 28 gennaio 2018

Le 30 ore che hanno cambiato l’alpinismo: i 4 eroi polacchi e Tomek nel “suo” Nanga

Un giorno incredibile dalla partenza dalla base del K2 fino al recupero della alpinista francese: una ascesa notturna a -40 gradi, su una parete durissima e ghiacciata. L’ultimo saluto al polacco Mackiewicz che resterà per sempre nella “sua” montagna

Sono sull’elicottero. Sono in viaggio verso la salvezza. Verso un ospedale. La lunga odissea sta volgendo al termine, dopo le 30 ore che hanno cambiato o riscritto la storia dell’alpinismo mondiale. Ma la montagna, ancora una volta, racconta la storia di uomini e di donne.

I 4 soccorritori polacchi: Sopra Urubko e Bielecki, sotto (da sx) Botor e Tomala

Uomini — La storia di persone vere. “E ugualmente voto dieci su dieci e con Lode unica e perenne i Signori Denis Urubko, Adam Bielecki, Piotr Tomala e Jaroslaw Botor, i quali non solo su un certo tipo di alpinismo sono il meglio al mondo ma anche, con la loro decisione di offrirsi volontariamente ad andare a soccorrere Tomek ed Elisabeth, hanno mostrato quello che significa essere uomini veri e non, come disse il grande Totò, semplici caporali, magari incensati dalla gente. Di loro conosco solo Denis, uno che se lo metti a leggere il giornale su un terrazzo d’inverno a Livigno non ti chiede neppure la frontale”, ha scritto Fabio Palma il presidente dei Ragni di Lecco. Raccontando così l’epopea di un’impresa eccezionale dal punto di vista alpinistico, ma appunto anche umano.

K2 — Era appena ieri mattina quando la spedizione polacca lasciava il campo base del K2 per arrivare a quello del Diamir, sul fare della sera pakistana. Denis Urubko e Adam Bielecki e poi i loro compagni Piotr Tomala e Jaroslaw Botor, si sono lanciati ieri notte in una “corsa” in parete per raggiungere infine alle 2 la stremata francese, che ha cercato di scendere nel buio da campo 3 nonostante i gravi congelamenti e gli ultimi giorni e notti passati all’addiaccio a temperature a -40 e oltre. Un’impresa pazzesca perché compiuta di notte, in condizioni proibitive. Appena gli elicotteri si sono allontanati, mentre in alto la Revol consumava gli ultimi impulsi delle batterie per comunicare che, dopo tre giorni senza tregua nella zona della morte e all’addiaccio, stava ancora lottando nonostante la stanchezza, la fame, la sete e i severi congelamenti, Urubko e Bielecki, hanno subito iniziato il pazzesco sforzo sulla via Kinshofer, ripidissima e ghiacciata.


Hanno superato anche il verticale risalto roccioso che è il punto chiave della “normale”: il Muro Kinshofer. Un passaggio che, non attrezzato, rende tutt’altro che normale questa via. Denis e Adam hanno dovuto piazzare da soli le corde fisse per salire, con l’ansia di fare presto per giungere in tempo da Elisabeth e per portarle i primi aiuti, in attesa delle cure del dottor Botor.

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Nanga Parbat, com'è finita per gli alpinisti bloccati. L'impresa dei soccorritori-eroi

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K2, la spedizione polacca sfida l'inverno per entrare nella storia

L’addio a Tomek, nella sua montagna

Ora è ufficiale che non ci sarà alcun tentativo di soccorso per Tomek Mackiewicz, rimasto a quota 7200, dove era riuscito a portarlo Elisabeth Revol nella notte fra il 25 e il 26, in discesa dalla vetta del Nanga Parbat. Gli elicotteri a quella altezza non possono arrivare e i pur coraggiosi soccorritori polacchi che hanno raggiunto la francese devono portarla fuori dalla parete e devono anche pensare a non andare incontro a rischi ingestibili, visto che dalla tarda mattinata di oggi ci sarà un drastico peggioramento del tempo.
Purtroppo a questo punto è impensabile che, nel caso sia ancora vivo, il 42enne polacco, padre di tre figli, possa trarsi in salvo da solo.


Mackiewicz aveva dedicato tutta la sua passione di alpinista al Nanga Parbat e al suo inverno, che ha sfidato per sette volte.

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Come ringrazia la moglie di Tomek

L’hanno raggiunta!

sabato 27 gennaio 2018

Il coraggioso piano di salvataggio: si sale anche di notte!

Il piano coraggiosissimo di Urubko e Bielecki è di salire in puro stile alpino anche di notte e domani fino a raggiungere Elisabeth, sia che lei ce la faccia a scendere loro incontro (difficilissimo con un piede congelato: deve superare tratti ghiacciati sui quali serve sensibilità per utilizzare bene i ramponi) sia che resti dove si trova, a campo 3.


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Nanga Parbat, Revol e Mackiewicz bloccati a 7mila metri. Un messaggio da Elisabeth

I quattro polacchi in salita sul Nanga Parbat!

Video: ecco cosa aspetta Urubko e Bielecki nella notte

 

Dal Cammino Celeste a quello dei Briganti: ecco l’Italia dei Cammini minori

Non per questo sono meno affascinanti: anzi, confermano quanto l’Italia sia unica per il suo incalcolabile patrimonio di gioielli naturalistici ed architettonici, panorami mozzafiato e luoghi sacri e opere d’arte

CAMMINO CELESTE (Friuli Venezia Giulia) 

Il Cammino Celeste è percorribile su tre percorsi differenti: quello italiano ha inizio da Aquileia (quello sloveno da Brezje e quello austriaco da Maria Saar ) e ha per meta il Santuario del Monte Lussari, vicino al valico di Tarvisio, in Friuli, già nel XVI secolo meta di pellegrinaggi dei tre popoli e oggi simbolo di scambio e incontro fra tre diverse culture. Simbolo del cammino è un pesce ricavato dal mosaico che costituisce il pavimento della basilica di Aquileia. La denominazione “Cammino Celeste” è dovuta al fatto che il cammino unisce luoghi di antica devozione mariana. Il percorso italiano segue l’itinerario di antiche vie di pellegrinaggio e si snoda dal mare ai monti, con andamento Sud/Nord, lungo tutto il Friuli a non molta distanza dal confine sloveno. Il primo tratto è di pianura: si attraversano le colline del Collio, salendo poi sulle Prealpi sino alle Alpi Giulie.

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venerdì 26 gennaio 2018

Il Parco Capanne di Marcarolo diventa una Zona speciale di conservazione


L'area protetta "premiata" dal Ministero dell'Ambiente per le sue particolari caratteristiche ambientali, con specie uniche e tutelate (farfalle, lupi, rettili e anfibi) e un clima influenzato dal mare.

Per l’area protetta del Parco Capanne di Marcarolo e delle aree limitrofe arriva un importante riconoscimento dal Ministero dell’Ambiente. È stata infatti riconosciuta come Zona Speciale di Conservazione (Zsc) nell’ambito della Rete Natura 2000, lo strumento della Comunità europea per tutelare la biodiversità sul territorio degli Stati membri. La nuova definizione è arrivata grazie al lavoro svolto dal Parco con la redazione dei piani di azione a tutela dei volatili, dei chirotteri e dei lepidotteri, i primi redatti e approvati in Piemonte, e alla messa in pratica delle cosiddette Misure di conservazione Sito specifiche riferite agli habitat acquatici e agli habitat aperti. “A titolo esemplificativo – spiegano dal Parco – nella Zsc “Capanne di Marcarolo” sono stati individuati, a oggi, 27 habitat di interesse comunitario di cui 7 prioritari per la conservazione, 19 specie di chirotteri tra le quali 5 incluse nella Direttiva Habitat, il lupo, di interesse conservazionistico prioritario, e poi ancora più di venti specie tra rettili, anfibi, pesci, crostacei e invertebrati di interesse comunitario e conservazionistico”.

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Grazie ai funghi rinasce il sentiero dei Laghi del Gorzente

 

 

giovedì 25 gennaio 2018

Come proteggersi in caso di valanga secondo il Soccorso Alpino e il Cai

Imparare a riconoscere gli strati della neve, a leggere i bollettini, a preparare lo zaino prima di una gita. Ma soprattutto ad utilizzare artva, pala e sonda, i dispositivi di autosoccorso che in caso di valanga permettono la ricerca immediata dei compagni travolti, aumentando radicalmente le possibilità di sopravvivenza. A Sansicario e in 50 località italiane oggi i volontari del Soccorso Alpino e gli istruttori del Cai hanno spiegato agli appassionati di freeride, scialpinismo, escursionismo e ciaspolate, come si evitano gli incidenti in montagna, nella tradizionale giornata di prevenzione “Sicuri con la neve”.


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mercoledì 24 gennaio 2018

Roccaforte Ligure > Bivacco del Monte Poggio - Difficoltà E - Ore 1:20

 
Piacevole escursione poco impegnativa nell’unico bivacco della Val Borbera.
Il segnavia è il 260
Lasciata l’automobile sul piazzale nei pressi del pannello informativo escursionistico, si prende la strada che porta al cimitero. Una volta arrivati davanti al cimitero si comincia a salire sulla sinistra.
Nel percorso incontriamo prevalentemente roverelle.
 
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venerdì 19 gennaio 2018

Via del Sale, o Via del Mare, da Varzi a Portofino


La Via del Sale, o Via del Mare, è un trekking con alle spalle un passato importante. Il sale era un bene preziosissimo utile per la conservazione dei cibi; per questo motivo veniva trasportato dal mare oltre le montagne, fino alle zone più interne della pianura padana. La Via del Sale ripercorre quindi parte del tratto storicamente utilizzato dai mercanti, un sentiero antico di secoli.
La Via del Sale che andiamo a percorrere è quella che da Varzi va a Portofino, ma che può giungere anche a Sori, Recco, Camogli e Santa Margherita Ligure. La Via del Sale non è infatti un percorso con un inizio e una fine precisi.
  • É lunga 85km
  • Ha un dislivello in salita di 3.580m e in discesa di 4.000m
  • Da Varzi a Portofino sono necessari almeno 4 giorni di cammino
  • La segnaletica è ottima, composta sia da indicazioni CAI / FIE che da cartellonistica dedicata
  • Il tragitto è ben curato e pulito
Si parte dalla Valle Staffora, nel piccolo borgo medievale di Varzi, e si scavalca l’Appennino fino al mare. Nelle prime due tappe si è praticamente sempre sulla linea di confine che divide, o unisce, le province di Pavia, Alessandria, Piacenza e Genova, e con loro le quattro regioni: Lombardia, Piemonte, Emilia Romagna e Liguria.
La via del sale non è un trekking adatto a tutti. La presenza di forti dislivelli e la scarsità di strutture e punti di ristoro lungo il percorso, ci fanno valutare il trekking come livello E, cioè Escursionistico.

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lunedì 15 gennaio 2018

Torino, bloccata da Facebook la mamma che sui social faceva "rivivere" il figlio morto in montagna

Cristina Giordana aveva anche discusso la tesi del suo Luca pochi giorni dopo l'incidente. "Quella pagina era la mia isola, un piccolo rifugio senza pretese"


Tragica gita in montagna: precipita appena raggiunta la cima



VERONA - Fine settimana con decine di incidenti in montagna a Nordest e 2 vittime dopo quella sul Pasubio di ieri, sabato 13. Una donna è morta oggi, domenica 14, cadendo dalla vetta del monte Plische nel gruppo del Carega al confine tra le province di  Verona e Vicenza. L'allarme è stato lanciato da un suo compagno di gita che l'ha vista scivolare nel vuoto appena  raggiunta la cima del monte, nei pressi della croce che la contraddistingue (vedi foto).

A raggiungere la donna, per primi, gli uomini del soccorso alpino e quindi i sanitari che non hanno potuto che constatare il decesso. Non si conosce ancora l'identità della vittima 

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Montagna tragica a NordEst, seconda vittima in poche ore: escursionista scivola e muore in un canalone sul Carega. Molti interventi per il Soccorso alpino

Montagna, una donna è morta in Trentino. Diversi incidenti 

 

 

giovedì 11 gennaio 2018

Colonia Capanne di Cosola (AL) - Rifugio delle 4 province


Risalendo in auto la Val Borbera sulla SP140, superato l’abitato di Cabella Ligure, il paesaggio si fa sempre più incontaminato. In un attimo ti trovi dalla pianura alla montagna, da una regione all’altra, da un clima all’altro. Le montagne cadono a strapiombo sulla strada, che continua a salire fiancheggiando sul lato opposto il torrente, fino al paese di Cosola, incastonato tra le pendici dei monti Ebro e Cavalmurone. Oltre Cosola, la salita diventa ancora più ripida e abbiamo davvero la sensazione di dirigerci verso una destinazione montana, tanto è lungo e tortuoso il percorso per arrivare al valico di Capanne di Cosola, a circa 1.500 metri di altitudine.

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Dove e Chi Siamo

lunedì 8 gennaio 2018

Domenica 14 gennaio: il bric delle forche da Varazze (SV)


Lunghezza dell’itinerario: km 12 circa
dislivello: 452 m
Ritrovo a Tortona Stazione F.S.
Difficoltà: E
PARTENZA ALLE ORE 7.45 DALLA STAZIONE F.S. DI TORTONA (AL)

Stupendo e interessante percorso che ci porta a conoscere il paesaggio alle spalle di Varazze. Boschi di castagno, macchia mediterranea e panorami unici sull’Isola di Bergeggi e il promontorio di Portofino. Scorci incantevoli che ci accompagneranno pian, piano sul pianoro in cui è stato costruito il santuario Croce di Castagnabuona.
Il percorso inizia in via san Francesco, a sinistra del torrente Teiro, con segnavia triangolo rosso pieno. Si risale a lungo la strada asfaltata fino alla frazione di Cantalupo e poi alla Crocetta. Si prosegue per sterrato e sentiero, in gran parte nel bosco, raggiungendo con qualche saliscendi la cima del Bric delle Forche su cui si trova una bella cappella dedicata a San Giovanni Bosco.

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venerdì 5 gennaio 2018

A.A.A. cercansi guardie per il Parco, tanta passione e zero retribuzione

La Spezia - Pochissimi e quasi tutti cacciatori. Il Parco di Montemarcello Magra Vara ha la necessità di ampliare il risicato drappello delle guardie volontarie: rimaste solo in 9, su un territorio vastissimo, in cui risultano autorizzati a cacciare quasi 300 selettori. Le guardie del Parco dovrebbero svolgere un ruolo fondamentale, di salvaguardia e di tutela. Praticamente non ce ne sono. Il Parco corre ai ripari. Lo fa con un avviso pubblico, una selezione di interessati a partecipare al corso, grazie al quale si potrà rivestire l’incarico, che purtroppo non prevede benefici economici, e richiede – per contro – impegno e fatica.

Così prevede la legge, quella del 2004, sul servizio di vigilanza volontaria. Il corpo dei “guardia parco”, riveste un «ruolo strategico nell’ambito dei compiti istituzionali dell’ente, e risponde ad esigenze della collettività, relative alla legittimità, alla sicurezza, alla prevenzione e al monitoraggio del territorio». La figura riveste funzioni di polizia amministrativa.
Si tratta di pubblici ufficiali, quando sono in servizio, e hanno il compito di far osservare i regolamenti e le norme di comportamento. Devono fornire informazioni, concorrere alla protezione dell’ambiente, ma anche all’accertamento delle violazioni e ai comportamenti scorretti, applicando sanzioni amministrative pecuniarie.

Devono inoltre promuovere l’educazione ambientale, in collaborazione con il Parco, e vigilare sulle azioni di controllo faunistico, vale a dire sulle battute di quel tipo particolare di caccia che va sotto il nome di “selezione”, ma differisce di poco da quella normale. Semplicemente, a sparare sono i cacciatori che rientrano nell’elenco dei selettori.
La guardia del Parco collabora anche nelle operazioni di soccorso, in caso di calamità, e svolge servizio d’ordine, sul territorio. Deve quindi «possedere l’idoneità fisica allo svolgimento della funzione, essere predisposto al contatto umano e mantenere una condotta esemplare». Di norma, le guardie del Parco «escono in coppia, e devono garantire la loro disponibilità per una media di almeno dieci ore mensili».

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Quanto monotona sarebbe la faccia della terra senza le montagne.

Immanuel Kant

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