venerdì 4 maggio 2018

Un nonno, un nipote e il padre morto sulla montagna a 3000 metri

La vittima, Andrea Grigioni

C’è un cancello. Oltre il cancello, il viso bello di un ragazzo riccioluto. Avrà diciotto anni. Dietro di lui, si intravede lo spicchio di una villetta e il vialetto che conduce alla porta di casa. La villetta è a Lurate Caccivio, vicino a Como. Piove. Una pioggia fine che entra dentro le ossa. Il ragazzo è il figlio di Andrea Grigioni, 45 anni, infermiere, morto nella tormenta in una notte tragica. Faceva trekking sulla Haute Route che a 3000 metri porta da Zermatt a Chamonix.

Il ragazzo parla di suo padre. Di come amava la montagna. Di come sapeva i suoi limiti. Per questo aveva preso una guida, su quelle vette dove perdere l’orientamento è facile. Ogni tanto, mentre parla, il ragazzo pieno di dignità abbassa la fronte. Tace per qualche secondo. Si rialza. E poi ricomincia a parlare. Alle sue spalle si vede da subito un vecchio. Cerca qualcosa. Un ombrello. Lo apre.
A piccoli passi, il vecchio viene verso il cancello. Si ferma dietro il nipote. E lo copre con l’ombrello.

Il ragazzo si gira appena, come per dire “Non importa se mi bagno”. Ma il vecchio resta lì. Fermo. Una bella faccia da lavoratore onesto. Il vecchio resta muto. Guarda la telecamera. Guarda il nipote. Sono, quel nonno che ha perso il figlio e quel figlio che ha perso il padre, una cosa sola. Sono l’amore che non chiede. Sono la vita che resiste. Perché nessuno è solo. Ciascuno ha l’altro, in silenzio, accanto. Nello stesso dolore assoluto.

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Quanto monotona sarebbe la faccia della terra senza le montagne.

Immanuel Kant

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