martedì 13 ottobre 2020

Riparte la caccia al titanio del Beigua, ma il tesoro nascosto spaventa il parco

Nuova richiesta di un’azienda di Cuneo alla Regione: «Vale miliardi». I vincoli ambientali hanno bloccato finora tutti i tentativi dagli anni 70 


Savona – Non è la corsa all’oro. È la corsa al titanio. A un giacimento immenso, il più grande d’Europa e forse del mondo. Si trova in Liguria, a dieci chilometri dal mare nel Parco del Beigua. Lì, nel sottosuolo tra Sassello e Urbe, nel Savonese, si nascondono più di 400 milioni di tonnellate di un metallo ambitissimo (e altrettanto prezioso) per l’industria moderna. Non è una novità e già da decenni quel tesoro nascosto fa gola. Le compagnie estrattive fanno pressing sulla Regione sin dagli Anni Settanta, in forza di una concessione che fu accordata nel 1976 ma poi congelata per le proteste degli ambientalisti e dei territori.

La pietra tombale sembrava arrivata nel 2015, quando un decreto dirigenziale della Regione stessa decretò il no per le ambizioni di Cet, la Compagnia Europea per il Titanio, azienda di Cuneo che nel frattempo aveva ereditato i titoli della Mineraria italiana, prima concessionaria.

La battaglia è proseguita nei decenni. Dopo il 2015, il percorso si è inabissato come un fiume carsico, proseguendo anche questo sotterraneo, con iniziative legali, intervento di avvocati, pronunciamenti dei tribunali. L’ultimo del Tar nel marzo scorso e ancora una volta è un no: il Beigua è un’area tutelata, l’attività di estrazione non è possibile. Allora Cet ci prova ancora a luglio, con il ministero dell’Ambiente, chiedendo di effettuare una serie di test, di indagini preliminari sul titanio del Beigua, precisamente all’altezza del Monte Antenna, che domina con i suoi 821 metri di altezza l’omonimo lago, al confine settentrionale del parco. Ma il ministero risponde, sostanzialmente, che non ci sono i presupposti per aprire una valutazione di impatto ambientale.

Storia finita? Ovviamente no. Perché l’affare è grande, grandissimo. 

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