giovedì 15 marzo 2018

Nutrire l'anima, perchè le ricette dei pellegrini sono ancora moderne

Polpette, torte, zuppe, il cibo lontano da derive edonistiche

L'Ospizio del San Bernardo (Ansa)

Parlare del cibo, di antiche ricette arrivate ai nostri giorni, lontano dalla deriva edonista che il mangiare ha assunto negli ultimi anni. Il cibo, dunque, come nutrimento del corpo ma anche dell'anima, com'era per i pellegrini, quei viandanti che nei secoli hanno camminato alla ricerca di Dio. Il cibo della sopravvivenza, dunque, semplice nutriente e offerto a chi arrivava da lontano. Ingredienti naturali, energetici, per ricette facili perché il pellegrino non si doveva appesantire ma semplicemente nutrire. E a cucinare questi cibi, il più delle volte, erano i monaci sempre pronti a dare ospitalità a chi percorreva le strade dei pellegrinaggi medioevali più famosi della cristianità, quello verso Gerusalemme , la via Francigena che da Canterbury arriva a Roma e il percorso che, attraverso la Galizia porta a Santiago di Compostela. A raccogliere queste ricette che arrivano direttamente dalle bisacce dei pellegrini, ''profumano di eroismi e sacrifici, di fatica ed entusiasmo, hanno il sapore di terre lontane ma custodiscono anche l'aroma di casa'', è il libro uscito per le edizioni San Paolo, 'Nutrire l'anima', di Andrea Ciucci e Paolo Santor.

Zuppe, polpette, torte rustiche, polenta, stufati ma anche biscotti secchi destinati a durare nel tempo, come la 'galletta dei pellegrini', di cui parla il viaggiatore toscano Leonardo Frescobaldi nel suo 'Viaggio in Terrasanta' del 1385. Un biscotto salato fatto di farina e burro che può durare mesi e accompagnare salumi e formaggi. Quando veniva utilizzato nelle traversate era detto 'biscotto di mare'. E poi la ricetta delle polpette di agnello, le cosiddette 'kibbeh arabe' riportata dallo scrittore francese Pierre Loti, nel suo ''Un viaggio attraverso il Sinai'', da lui mangiate nel monastero-fortezza di Santa Caterina sul monte Sinai. Si passa quindi ai ravioli 'à l'ail des ours', un cibo di confine, il piatto tipico dell'Ospizio del San Bernardo, un edificio massiccio sul valico svizzero, a 2400 metri di altezza, a metà strada tra fortezza, convento e rifugio di montagna, che rappresenta una delle tappe più impegnative del pellegrinaggio lungo la via Francigena. Il luogo è da circa un millennio la sede dei canonici regolari di Sant'Agostino. Il loro compito è accogliere i viandanti. 

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VF01 - 10 Passo Gran San Bernardo-Ospizio Gran San Bernardo

 

 

 

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