Nutrire l'anima, perchè le ricette dei pellegrini sono ancora moderne
Polpette, torte, zuppe, il cibo lontano da derive edonistiche
L'Ospizio del San Bernardo (Ansa)
Parlare del cibo, di antiche ricette arrivate ai nostri giorni, lontano
dalla deriva edonista che il mangiare ha assunto negli ultimi anni. Il cibo, dunque, come nutrimento del corpo ma anche dell'anima,
com'era per i pellegrini, quei viandanti che nei secoli hanno camminato
alla ricerca di Dio. Il cibo della sopravvivenza, dunque, semplice
nutriente e offerto a chi arrivava da lontano. Ingredienti naturali,
energetici, per ricette facili perché il pellegrino non si doveva
appesantire ma semplicemente nutrire. E a cucinare questi cibi, il più
delle volte, erano i monaci sempre pronti a dare ospitalità a chi
percorreva le strade dei pellegrinaggi medioevali più famosi della
cristianità, quello verso Gerusalemme , la via Francigena che da
Canterbury arriva a Roma e il percorso che, attraverso la Galizia porta a
Santiago di Compostela. A raccogliere queste ricette che arrivano
direttamente dalle bisacce dei pellegrini, ''profumano di eroismi e
sacrifici, di fatica ed entusiasmo, hanno il sapore di terre lontane ma
custodiscono anche l'aroma di casa'', è il libro uscito per le edizioni
San Paolo, 'Nutrire l'anima', di Andrea Ciucci e Paolo Santor.
Zuppe, polpette, torte rustiche, polenta, stufati ma anche biscotti
secchi destinati a durare nel tempo, come la 'galletta dei pellegrini',
di cui parla il viaggiatore toscano Leonardo Frescobaldi nel suo
'Viaggio in Terrasanta' del 1385. Un biscotto salato
fatto di farina e burro che può durare mesi e accompagnare salumi e
formaggi. Quando veniva utilizzato nelle traversate era detto 'biscotto
di mare'. E poi la ricetta delle polpette di agnello, le cosiddette 'kibbeh
arabe' riportata dallo scrittore francese Pierre Loti, nel suo ''Un
viaggio attraverso il Sinai'', da lui mangiate nel monastero-fortezza di
Santa Caterina sul monte Sinai. Si passa quindi ai ravioli 'à l'ail des ours', un cibo di confine, il piatto tipico dell'Ospizio del San Bernardo,
un edificio massiccio sul valico svizzero, a 2400 metri di altezza, a
metà strada tra fortezza, convento e rifugio di montagna, che
rappresenta una delle tappe più impegnative del pellegrinaggio lungo la
via Francigena. Il luogo è da circa un millennio la sede dei canonici
regolari di Sant'Agostino. Il loro compito è accogliere i viandanti.
Nessun commento:
Posta un commento