L’alpinista valdostano racconta la discesa al campo base del Nanga Parbat. "Con una finestra di bel tempo la cima sarebbe raggiungibile, dopo quota 6.200, dov’eravamo arrivati, sappiamo che le difficoltà diminuiscono"
La discesa dal campo 2 sulla parete Rupal del Nanga Parbat, dopo una notte con venti forti e temperature glaciali nella loro tendina in cresta, è iniziata per Hervè Barmasse e David Goettler con un’alba rassicurante. “I colori erano bellissimi, ma sapevamo che le condizioni meteo favorevoli sarebbero durate ben poco”. Le raffiche, alle prime luci dell’alba, erano calate, e a quel punto l’idea di tornare al campo base, a quota 3.500, è diventata operativa. “Non avendo il ‘cordone ombelicale’ delle fisse, scendere vuol dire fare la parete al contrario e se c’è brutto le cose diventano più complicate. In più entrambi non avevamo dormito per il freddo, un percepito vicino ai 40 sotto zero direi.
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