Il trekking ai tempi del virus: solitario e... con prenotazione. Le novità imposte dal Coronavirus. Anche per non sovraccaricare il soccorso alpino
"Le montagne sanno aspettare". Il Club Alpino Italiano l'ha lanciato come slogan e gli appassionati se lo sono ripetuti come un mantra, in queste lunghissime settimane di isolamento da coronavirus. Ma se la montagna sta ferma, l'economia che le gira attorno deve muoversi. Dalle guide ai rifugisti, dagli albergatori ai ristoratori, dai soccorritori al personale degli impianti: c'è un mondo che ruota attorno alle terre alte e attende che le istituzioni dicano come si potrà vivere la montagna al tempo del Covid-19. Le domande sono mille (e il presidente del Cai Milano, Massimo Minotti, aveva già offerto interessanti punti di riflessione a Gazzetta Active). In che condizione saranno i sentieri, dopo due mesi senza manutenzione? Saranno aperti i rifugi? Come ci si potrà dormire? E le funivie, come funzioneranno con il distanziamento? Si potrà valicare quella forcella, anche se l'altro versante è in un'altra regione o in un altro Stato?
I rifugi "Il 4 maggio non sarà il giorno del "tana libera tutti" - attacca Vincenzo Torti, presidente del Cai -. Non sappiamo cosa sarà scritto sulle norme, ma di certo ci sarà il distanziamento fisico. Qui iniziano i problemi: la montagna si associa agli spazi aperti ma in realtà si sta anche vicini". Come nei rifugi. "Che sono uno diverso dall'altro - aggiunge Torti -. Quelli con tante camerette hanno meno problemi ma cosa fare con i cameroni? Rischiamo di passare da 30 posti letto a 10". I prati vicino ai rifugi potrebbero ospitare delle tende, aveva proposto Torti alcuni giorni fa. "Un suggerimento - spiega ora - che permetterebbe al rifugista, che è anche imprenditore, di poter comunque offrire colazione e cena a queste persone.
I rifugi "Il 4 maggio non sarà il giorno del "tana libera tutti" - attacca Vincenzo Torti, presidente del Cai -. Non sappiamo cosa sarà scritto sulle norme, ma di certo ci sarà il distanziamento fisico. Qui iniziano i problemi: la montagna si associa agli spazi aperti ma in realtà si sta anche vicini". Come nei rifugi. "Che sono uno diverso dall'altro - aggiunge Torti -. Quelli con tante camerette hanno meno problemi ma cosa fare con i cameroni? Rischiamo di passare da 30 posti letto a 10". I prati vicino ai rifugi potrebbero ospitare delle tende, aveva proposto Torti alcuni giorni fa. "Un suggerimento - spiega ora - che permetterebbe al rifugista, che è anche imprenditore, di poter comunque offrire colazione e cena a queste persone.
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