Ai piedi delle vette del Gran Sasso c’è una parete che rischia di venire cancellata. Non parliamo delle muraglie rocciose del Paretone o del Camicia, e nemmeno della friabile parete Nord del Camicia. La minaccia riguarda le rocce della Sportella, sul versante orientale del massiccio. Una piccola parete di calcare compatto (ci torneremo più avanti), costeggiata dalla strada che sale da Farindola all’imbocco della Valle d’Angri, uno spettacolare canyon che sale verso Campo Imperatore.
La zona, scomoda da raggiungere per chi arriva dall’Aquila, da Teramo e da Roma, è a portata di mano per chi vive a Penne, a Loreto Aprutino e a Pescara, o percorre la A14 Adriatica. Qui, nel 1992, i primi camosci riportati sul Gran Sasso sono stati accolti in un’area faunistica, ben visibile dalla parete e dalla strada, sotto alla quale scroscia la cascata del Vitello d’Oro. Qui, intorno ai mille metri di quota, numerose falesie calcaree accolgono da decenni arrampicatori e alpinisti. Dagli anni Ottanta la Riserva Naturale e Oasi WWF di Penne, gestita dalla cooperativa COGECSTRE, è stata un centro di ricerca scientifica e una meta importante di turismo ambientale. La sua esperienza ha contribuito alla nascita del Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga.
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